Este texto fue escrito por Bruna Dalponte, nieta de Vittorio Dalponte, que vive actualmente en Vigo Lomaso. Primero va la traducción del texto, a continuación, el original en italiano
DALPONTE VITTORIO (scotum: picolin)
19.01.1896
– 06.03.1960 Sabemos que Vittorio hizo la escuela primaria, tal como lo había dispuesto la emperatriz Maria Teresa, como toda la población, sabía escribir y hacer cuentas. Al final de cada año, el reino de Austria regalaba a cada escolar un árbol frutal, yo conservo todavía un manzano en el patio junto a mi casa. Me imagino al abuelo Vittorio que iba al campo, pero también en el campo, cortando y rastrillando el heno, corriendo con otros chicos, para treparse a los árboles para atrapar pajaritos, reir y jugar con sus amigos, pero al comenzar la primera guerra cambia todo.
El Trentino en esa época formaba parte del imperio austrohungaro y en 1914 al comenzar el conflicto comenzaron a enrolar primero a los hombres y luego también a los jovenes. Eran campesinos enviados a lo alto de la montaña, en zonas de nieves eternas (de ahi el nombre de guerra blanca) sin ninguna prepracion fisica ni tecnica, con pocas armas mal alimentados, mal vestidos y por eso en poco tiempo las bajas fueron muchisimas. Fueron llamadas al servicio militar las clases mas jovenes de edad, robandoles así la juventud y a les peranza a estos chicos que eran apenas un poco mas que niños.
El escritor Giuseppe Ungaretti escribe en Soldati uno de sus mas famosos y conocidos poemas: "Se está como en otoño, en los árboles, las hojas". Sí, el poema esta todo ahi, pero esas pocas palabras ilustran una metafora densa de significado sobre la precaridad de la vida en el frente de batalla.
Vittorio, tal como consta en la foja de servicio conservada en el Archivo de Trento, con el numero 1478 fue enrolados a los 19 años y enviado a la Galizia austriaca (entre Polonia y Ucrania). La decisión de enviar soldados trentinos a Galizia fue para evitar el riesgo de desercion, traición hacia el ejército italiano. De Rusia algunos volvieron a pie, otros regresaron dando una vuelta mucho más amplia (asiatica) para regresar en barco, mientras que otros no volvieron nunca mas. De Vittorio no pude reucperar mas información, pero tuvo suerte y pudo regresar. En 1920 se casó con Delfina Baroldi, de Campo (1895 - 1984).
Vittorio y su esposa fueron a vivir en la casa con Catina (madre de Vittorio), las dos mujeres se consideraban madre e hija y se querian realmente mucho.
Nació Livio en 1921, Gino en 1923 y Bruno en 1925, y así, despues del nacimiento del tercer hijo, y las enormes dificultades economicas, Vittorio tuvo que tomar la decisión de emigrar a la Argentina para que su familia no muera de hambre. Decidió partir despues del día de todos los santos, porque quería honrar la fiesta de los santor muertos, y el recuerdo de su padre. Partió el 5 noviembre hacia Bahia Blanca, y se hospedó en la casa de sus cuñados Cornelio Ferrari y Albina Baroldi. Con él partió su amigo y vecino de casa, Simone Carli. Trabajó en agricoltura y cosechaba maiz, un trabajo duro, de velocidad y resistencia.
En la casa quedaron Delfina con Catina, que se ocuparon de criar a los tres niños pequeños, y Delfina, aunque era muy menuda, tenía una enorme fuerza interior y se ocupo también del establo y del campo, trabajando a la par e incluso más que un hombre y por 6 largos años.
La relación era epistolar y muy frecuente, y apenas llegaba carta de Vittorio, Delfina respondía enseguida. Finalmente, en octubre de 1931, Vittorio volvio de la Argentina. Con el dinero que gano compró una vaca y un pedazo de campo. En junio del año siguiente nació Carlo, detto “Carletto”. La noche de Navidad de 1936 falleció Catina. En 1937 Vittorio compró a su cuñada Teresa Baroldi una casa siempre en el pueblo junto a la anterior, pero un poco más confortable, hizo algunas reformas para dotarla de un baño, (una de las primeras que tuvo) pero siempre vieja y precaria.
Vittorio fallecio en Vigo Lomaso, en 1960 a la edad de 64 años, a causa de un cancer de pulmon.
¿Qué recuerdo queda de este hombre?
Quien lo ha conocido y me ha hablado de él lo recuerda como un gran trabjador, hombre correcto, honesto y recto. Recuerdan sus ojos azules y su sonrisa, su respuesta aguda y a mi, además de estos recuderdos, me quedo una hermosa planta de manzanas que hacia el final del verano me regala sus frutos jugosos y mientras los saboreo pienso en él.
Vittorio si sa' che fece le scuole dell'obbligo, come previsto
dall'imperatrice d'Austria Maria Teresa, come del resto tutta la popolazione,
che era capace di scrivere e leggere e far di conto.
Ogni fine anno il regno d'Austria regalava ad ogni scolaro una pianta
da frutto, e io conservo ancora una pianta di mele nel mio prato vicino a casa.
Immagino nonno Vittorio che andava a scuola, ma anche nei campi, a
tagliare e a rastrellare il fieno, a correre con altri ragazzini, a salire
sugli alberi in cerca di uccellini, a ridere e a scherzare con i compagni, ma
allo scoppio della prima guerra mondiale tutto cambia.
Il Trentino a quei tempi faceva parte dell'impero austro-ungarico e nel
1914 iniziò il conflitto e con esso iniziarono gli arruolamenti prima degli
uomini ma poi anche dei ragazzi.
Erano contadini mandati sui monti, in alto, sui ghiacciai (da qui il
nome di guerra bianca), senza alcuna preparazione tecnica e fisica, con poche
armi, mal nutriti, mal vestiti e in poco tempo vennero così decimati.
Furono chiamate alle leva le classi più giovani di età, rubando così la
gioventù' e speranza a questi ragazzi poco più di bambini.
Lo scrittore Giuseppe Ungaretti scrive in Soldati, una delle sue più
famose e conosciute poesie emetiche: “Si sta' come d'autunno sugli alberi le
foglie”. Si, la poesia è tutta qui ma queste poche parole illustrano una
metafora densa di significato sulla precarietà della vita al fronte.
Vittorio, come scritto nel foglio matricolare presente nell'archivio di
Trento, ha il numero 1478, venne arruolato a 19 anni e mandato in Galizia
austriaca (tra Polonia e Ucraina).
La decisione di mandare i soldati trentini in Galizia avvenne per
evitare il rischio di diserzione, tradimento verso l'esercito italiano.
Dalla Russia alcuni tornarono a piedi, altri tornarono con un giro
molto ampio (asiatico) per poi ritornare con le navi, mentre altri non
tornarono più.
Di Vittorio non sono riuscita a recuperare altre informazioni, lui però
fu fortunato e riuscì a tornare e nel 1920 sposò Delfina Baroldi di Campo (1895
- 1984).
Vittorio e la sua sposa andarono ad abitare nella casa con Catina, le
due donne si consideravano madre e figlia e si volevano davvero molto bene.
Nacque Livio nel 1921, Gino nel 1923 e Bruno 1925 e cosi dopo la
nascita del terzo figlio e le notevoli difficoltà economiche, Vittorio prese la
sofferta decisione di emigrare in Argentina per non far morire la famiglia di
stenti.
Decise di partire dopo la ricorrenza dei Santi, poiché voleva onorare
la festa dei santi morti e il ricordo di suo padre. Partì il 5 novembre 1925
per Bahia Blanca, ospitato in casa dei cognati
Cornelio Ferrari e Albina Baroldi.
Assieme a lui partì un suo amico e vicino di casa Simone Carli.
Era impegnato in agricoltura e raccoglieva pannocchie a cottimo, un
duro lavoro di velocità e resistenza.
A casa resto' Delfina che con Catina si occuparono di allevare i tre
piccoli bambini e Delfina nonostante fosse molto minuta aveva una grande forza
interiore, si occupo' pure della stalla e della campagna, lavorando al pari o
forse anche più di un uomo e questo per ben 6 anni.
I rapporti tra loro erano epistolari e molto frequenti, appena arrivava
la lettera di Vittorio, Delfina rispondeva subito e finalmente nell'ottobre
1931, Vittorio torno' dall'Argentina.
Con i soldi guadagnati compro' una mucca e un campo.
A giugno dell'anno successivo nacque Carlo detto “Carletto”.
Nella notte di Natale del 1936 morì Catina.
Nel 1937 Vittorio acquistato' dalla cognata Teresa Baroldi una casa,
sempre nel paese, vicina alla precedente, ma un po' più confortevole, fece dei
piccoli lavori per dotarla di un bagno (una delle prime ad esserlo) ma sempre
vecchia e precaria.
Vittorio morì a Vigo Lomaso, nel 1960 ancor giovane a 64 per un tumore
polmonare dopo un anno di dura malattia.
Che ricordo rimane di quest'uomo?
Chi è rimasto e me ne ha parlato, lo ricorda come un gran lavoratore,
uomo corretto, onesto e retto.
Ricordano
i suoi occhi azzurri azzurri e il suo sorriso, la sua battuta spiritosa ed a me
è rimasto oltre a questi ricordi una bella pianta di mele che alla fine
dell'estate mi regala dei succosi frutti e mentre li assaporo penso a lui .Escrito por Bruna Dalponte, en Vigo Lomaso, el 13 de junio de 2018
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